«C’è un tabù sulla maternità. Per cui, quando se ne parla, bisogna farlo solo in maniera positiva. Invece ci sono anche aspetti negativi ma spesso vengono taciuti per paura del giudizio altrui». E Amelia questi tabù li conosce bene perché è una psicoterapeuta. Ma indica anche un possibile argine al problema. «Costruire una rete sociale intorno alle giovani mamme è fondamentale. E il Villaggio può svolgere al meglio questo compito». Il Villaggio a cui fa riferimento Amelia è il Villaggio per Crescere di Foligno.
Perché se è vero che parliamo di un progetto nazionale rivolto alle bambine e ai bambini da 0 a 6 anni, è anche vero che gli effetti della sua azione educativa, relazionale, sociale si riverberano a tutta la società in cui sorge il Villaggio, a partire proprio dalle mamme.
Il Villaggio
«Quando è nata la possibilità di partecipare al bando contro le povertà educative e si sono decise le zone – racconta la pediatra ed ex assessore di Foligno, Mariolina Frigeri – la domanda che mi è stata posta dal promotore del progetto, il Centro per la Salute del Bambino di Trieste, è stata: “Ma in Umbria qual è l’area di fragilità?” La risposta è stata: il terremoto». Un progetto che è stato abbracciato con entusiasmo anche dall’attuale assessora alle Politiche scolastiche, Rita Barbetti: «Abbiamo risposto a un bando, ci siamo collegati con La Locomotiva, che è una cooperativa sociale molto attiva a Foligno, e abbiamo partecipato al bando, pensando di creare il Villaggio in una zona di periferia, colpita dal terremoto». A Borroni, che un tempo era uno dei tanti borghi satellite di Foligno, mentre oggi è un quartiere inglobato dalla città, anche se in periferia.
È qui che a metà dicembre del 2018 ha aperto le sue porte il Villaggio. Sorto in una vecchia scuola dell’infanzia degli anni ’50, successivamente abbandonata Tra il 2008 e il 2010 è stata invece ristrutturata e poi riadattata a nido e intitolata a Francesco Innamorati, eroe della Resistenza.
«Siamo partiti a Natale, quindi storie natalizie ma anche con la visione di altre culture, visto che a Foligno vivono anche stranieri che provengono sia dall’Africa nera, sia dall’Asia, sia dall’Est europeo», racconta Stefano Filippucci, responsabile de La Locomotiva, l’associazione partner del progetto e referente sul territorio. Oltre le storie, fulcro dell’attività ci sono stati lavori di grafica, pittura, materiale di riciclo e stoffe con cui sono state effettuate delle decorazioni.
Il contesto sociale
Tra i primi frequentatori c’è proprio Amelia. «Io ho trovato la notizia dell’apertura del Villaggio al nido». Poi a Borroni ha trovato altri bambini e altri genitori. «La maggior parte di loro sono tutte coppie “miste”, come me che sono nata e cresciuta in un’altra regione e poi sono venuta qui a Foligno, 5 anni fa. Coppie dove entrambi provengono da Foligno o da zone limitrofe sono proprio poche, probabilmente solo una o due sui circa 25 bambini che frequentano il centro».
La funzione rete
Tra queste giovani mamme, quelle che provengono da altre città, altri contesti, probabilmente hanno maggior bisogno di altre mamme con cui condividere la loro condizione di neo genitorialità. E dei problemi che può portare con sé. «Stiamo parlando della depressione post partum», esplicita Amelia. «Il primo anno dopo il parto è molto complesso per una donna. Specie a livello psicologico. Costruirsi una rete sociale, una rete di persone che accolga, con cui condividere e parlare di problemi comuni è fondamentale. Per me è stato fondamentale creare questa rete sociale per far comunicare le madri tra loro, per farle sentire vicine le une con le altre».
Erroneamente si pensa che la depressione perinatale riguardi solo le giovani donne, ma è una credenza sbagliata. «Soprattutto per i genitori “anziani”, quelli che hanno messo al mondo figli intorno ai quarant’anni – molto più tardi rispetto ai loro genitori – si pensa che in realtà abbiano già esperienza, che sappiano già tutto su un figlio ma in realtà non è così». Anche queste persone, queste mamme hanno bisogno di una rete sociale che le protegga. «Uno dei meriti del Villaggio è anche questo: non far sentire sole le mamme», spiega Amelia.
La funzione primaria
Questo succede perché il Villaggio fa crescere al suo interno relazioni sociali improntate all’intimità, alla riconoscenza, alla condivisione di linguaggi, significati, abitudini, spazi, ricordi ed esperienze comuni.
Il Villaggio è in sostanza un nucleo di quella che chiamiamo comunità.
Non dobbiamo dimenticare, però, che la sua funzione primaria è essere un luogo educativo e culturale dedicati alle bambine e ai bambini da 0 a 6 anni. Gioco libero, lettura condivisa, musica, sono tutte attività cardine del Villaggio, che aiutano i bambini a sviluppare la propria personalità e relazioni positive con altre persone, a partire dai genitori e dai compagni di gioco.
Ed è esattamente quello che è successo a Maddalena, la figlia di Amelia. «Al Villaggio ci incontriamo», dice la mamma. Ma cosa significa? «È difficile da spiegare ma ci provo con un esempio. Prima di portarla al Villaggio le interazioni con gli altri bambini non erano ben definite. All’inizio è stata dura, perché chiedeva sempre la mia presenza. Faceva i capricci. Poi, a poco a poco ha iniziato a interagire meglio: saluta quando entra, abbraccia gli altri bambini e quando litiga per qualcosa, quando magari un bambino le ruba un biscotto, lei mi guarda. Non strilla, non piange, non mi chiama. Mi guarda e basta. Sa che sono lì e che lei è al sicuro. È questo il senso dell’incontrarci».
L’esperienza
Questa evoluzione comportamentale di Maddalena, questo suo rafforzamento della personalità, dell’autostima e della coscienza di sé ha per Amelia una motivazione: le educatrici. «Sono competenti, professionali, con un cuore grande. Mi hanno fatto sentire accolta dal primo momento. Ho partecipato ad altri eventi per bambini e in alcuni contesti non la porto più Maddalena, perché non mi sono sentita accolta, ben voluta. Sono davvero professionali ma al di là di questo, si vede che in quello che fanno ci mettono il cuore. Ad esempio la cura con cui preparano la merenda». E il cuore e la competenza di cui parla Amelia sono quelli di Jessica Lilli e Martina Spigarelli. «Si può mettere a disposizione uno spazio ma se questo è mal gestito – sottolinea Amelia – se non ci sono le persone competenti il progetto non si realizza».
Il futuro
L’auspicio è che la competenza sia presto “esportata” e moltiplicata. Il Villaggio in realtà non doveva sorgere a Foligno ma nelle aree maggiormente colpite dal terremoto, come la Valnerina. Però si tratta di zone mal collegate tra loro, dove le strade sono scomode, pericolose, anche per la formazione del ghiaccio d’inverno, che avrebbe reso difficoltosa l’apertura regolare del centro. La dottoressa Frigeri, che ha fortemente voluto il Villaggio, non demorde. «Costruiremo rapporti con persone della Valnerina. Alcuni soggetti sono stati coinvolti, come il vicesindaco del comune di Preci. Abbiamo contatti anche con Norcia e Cascia».
Ma una soluzione più immediata di come raggiungere quei luoghi ce l’ha Filippucci. «Qui a Foligno negli anni ottanta c’era la biblioteca itinerante, che si spostava per raggiungere i bambini. Vorremmo rifarlo. Almeno durante la bella stagione», rivela il responsabile della Locomotiva. «Al di là di una sede stabile, a Borroni, ci si può riunire in un ambiente mobile che può essere condiviso con più persone e in tempi diversi».
L’attività centrale ovviamente sarebbe la lettura ma nulla esclude che questo camper possa essere il preteso per l’attivazione di altre pratiche, come i giochi condivisi, la musica, la manipolazione. «Abbiamo intenzione di creare una serie di appuntamenti fissi. Un po’ come facevano i commercianti ambulanti di un tempo, che avevano il giorno prestabilito per portare un certo tipo di merce».
Insomma, la grande ambizione a Foligno è portare il Villaggio un po’ ovunque nel territorio, perché di bisogno ce n’è e tanto. «Secondo me – conclude Amelia – il Villaggio ci dovrebbe essere in ogni comune. E ci dovrebbe essere per le mamme».
Mario Gottardi