Sono la mamma di una bambina di sei anni, compiuti durante il lockdown.
Voglio raccontare come questa emergenza, che ha sconvolto e cambiato le vite di tutti noi, ha impattato sulla vita di mia figlia, non perché sia una bambina speciale con una storia straordinaria, ma perché, molto probabilmente ciò che ha vissuto e vive lei, riguarda molti, se non tutti i bambini, gli invisibili di questo difficile momento.
All’inizio, nonostante il blocco totale e repentino di ogni attività e la chiusura di ogni contesto sociale-educativo nel quale era inserita, ha vissuto con piacere la possibilità di fermarsi per un tempo a casa con la sua famiglia, senza correre di qua e di là, senza fare molto, lo ha vissuto come una vacanza.
Come tutte le vacanze, però, per essere tali, hanno un inizio ed una fine, altrimenti diventano una nuova quotidianità, solo un po’ più brutta, fatta di isolamento e quindi solitudine, di perdite e di paura rispetto a un pericolo esterno che ci minaccia.
Dopo oltre due mesi di chiusura, è difficile per lei comprendere perché non può rivedere i suoi compagni, non può uscire liberamente per andare ad un parco giochi, che tra l’altro continuano a rimanere chiusi, mentre hanno aperto i bar per gli adulti, o meglio comprende che è per colpa del virus e questo la rende a volte molto triste, a volte molto arrabbiata.
La capacità di adattamento dei bambini, ha fatto sì che lei, trovasse un suo modo personale di sopravvivere a ciò, ricreando a casa, la scuola con tutti i suoi compagni- amici rappresentati dai pupazzi. Con i pupazzi trascorre il suo tempo, con loro parla e a loro racconta quanto è brutto e cattivo questo virus.
Ma quando può durare questo mondo di fantasia? Spero ancora per poco, altrimenti temo che la fantasia finisca per prendere il posto della realtà.
All’uso massiccio di una realtà fantastica, esiste anche l’uso massiccio di realtà virtuale. All’inizio mantenere un contatto con persone e contesti a lei familiari, come il villaggio per per crescere, come la scuola, attraverso la relazione a distanza, ha rappresentato una novità, un nuovo modo di stare insieme e fare delle cose insieme ; a lungo andare, però, questa modalità suscita noia, se non fastidio, in quanto ripetitiva e frustrante rispetto all’impossibilità di stare realmente vicini, esplorare ed esplorarsi, giocare, condividere cose ed emozioni in uno spazio comune, senza l’interferenza di uno schermo.
Appena si è allentato il lockdown, abbiamo ripreso a fare qualche passeggiata, con le dovute cautele, ed è capitato che incontrasse una sua amichetta che non vedeva da mesi: l’istinto ha portato le due bambine a correre l’una verso l’altra e abbracciarsi, felici di un contatto fisico dopo tanto tempo.
Ritengo che mia figlia, come tutti i bambini abbiano bisogno di libertà, aria aperta, socializzazione, movimento, così come ritengo che da un buon dialogo tra famiglie e professionisti del settore, tutto ciò si possa ritornare a fare senza venire meno alla sicurezza per la propria e altrui salute.
Una mamma del Villaggio per Crescere di Cosenza